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SCUOLA: MIRACOLO ITALIANO O... ALL'ITALIANA?

Di Luca Ceccotti

Facendo seguito alle mie precedenti considerazioni sul tema oggetto del titolo, relative rispettivamente alla necessità di un patto sociale per la riorganizzazione del sistema e su aspetti di natura psicopedagogica nonché didattico-docimologica, vorrei ora tentare di approcciare la questione da un altro punto di vista, che vorrei poter definire, in senso lato, “critico propositivo”, in un'ottica però assai poco aerea bensì molto legata ad una riflessione pragmatica su cosa può o potrebbe significare procedere in modo disomogeneo ovvero non coordinato da parte di tutti gli “attori” che abitano il pianeta scuola o che hanno comunque con esso a che fare: credo infatti che in questa fase storica il maggior pericolo che corra la scuola pubblica italiana sia proprio quello di diventare oggetto di scontro non solo, e forse non tanto, fra forze politiche nel senso più “partitico” del termine, bensì fra Stato e le due autonomie che qui interessano: quelle istituzionali di Regioni ed Enti Locali e quella “funzionale” della scuola.

Cominciamo dallo “stato dell'arte”.
Iniziamo col dire che lo stato italiano, nella persona di tutti i governi che si sono succeduti nella prima come nella seconda repubblica, NON può essere considerato inadempiente, almeno in termini quantitativi, per quanto riguarda la spesa da dedicare al settore dell'istruzione. Anche le statistiche più aggiornate ed “imparziali” dimostrano che l’ Italia spende quanto la media del paesi OCSE (forse perfino un poco di più) alla voce “pubblica istruzione”, o istruzione tout court.
Partendo da questo dato e andandolo ad incrociare con gli altri che ci provengono dai parametri internazionali si ha l'impressione di trovarci di fronte ad un qualcosa che presenta aspetti quasi miracolistici, al punto di pensare che forse ci troviamo di fronte, appunto, ad un nuovo “miracolo italiano”, frutto di quell'ingegno, sagacia e creatività per cui siamo, od eravamo, famosi nel mondo.
Perché dico questo? E' molto semplice: con una spesa MEDIA la scuola italiana ha garantito e garantisce livelli ALTI (ricordo che sto parlando in termini quantitativi...) in relazione a:
* Temposcuola: i nostri alunni, specie nella fascia dell'obbligo, stanno a scuola molto di più, mediamente, di quelli di quasi tutti gli altri paesi OCSE
* N° di addetti: il numero di addetti del comparto scuola è il più alto in relazione al numero degli utenti, cosa che costituisce un formidabile ammortizzatore sociale specialmente per il lavoro femminile e per i laureati di discipline che hanno un difficile impatto con le offerte di lavoro provenienti dal mondo dell'industria, dei servizi, delle professioni liberali ecc.
* Collegato a quanto sopra, basso numero di ore di insegnamento per il personale docente, cosa assai utile in una professione ad alto livello di femminilizzazione, con tutto ciò che essa implica in relazione ai “tempi di cura” familiari, generalmente a carico delle donne.
* Composizione poco numerosa delle classi, almeno nel settore primario e in parte secondario di primo grado: la media delle scuole primarie è 18,4 rispetto al 21,1 della media OCSE; questo consente – sempre nella media – di lavorare con gruppi di alunni non troppo numerosi, cosa certamente utile sia per loro che per i loro insegnanti
* Capillarità dei “punti di erogazione” del servizio: nelle numerose occasioni in cui mi è capitato di ospitare docenti o “headmaster” provenienti da vari paesi europei ho sempre registrato il loro stupore relativamente al numero dei plessi scolastici di scuola primaria, e in misura minore di scuola “media”, che scoprivano essere presenti sul territorio in cui opero, soprattutto in quelle zone di pianura dove risiede la maggior parte della popolazione versiliese.

Ricapitolando in estrema sintesi: uno straordinario discount in cui, con una cifra “ragionevole”, porti a casa un sacco di roba!

Poiché chi scrive, così come suppongo la maggior parte di chi mi legge, ha difficoltà a credere ai miracoli o, quanto meno, crede a miracoli di altro tipo, viene da chiedersi: dove sta il segreto (perfettamente razionale) ovvero l' “inghippo”?
Anche in questo caso la risposta è duplice ed elementare. Dopo una voce “medio” ed una serie di voci “alto” troviamo due voci “basso” che fanno tornare il “conto della serva”: BASSI stipendi del personale scolastico (docente e non) + BASSE spese di investimento.
La prima voce è molto nota e unanimemente riconosciuta, ma forse la seconda è ancora più incisiva, in termini negativi, della prima. Infatti “basse spese di investimento” vuol dire un sacco di altre...bassezze!: qualità delle strutture e degli impianti degli edifici scolastici, qualità e quantità delle dotazioni materiali in termini di spazi attrezzati, materiali “di consumo”, sussidi per la didattica, dotazioni tecnologiche, e ancora: poche risorse da destinare alla formazione e all'aggiornamento professionale del personale docente e non solo...fino ai bassi livelli di sicurezza di non pochi edifici scolastici, specialmente in alcune aree del paese.
Certamente non è una situazione generalizzata e spesso legata alla possibilità/volontà degli enti territoriali di riferimento di investire nella scuola...fatto è che quei visitatori europei di cui parlavo prima, oltre che stupirsi del numero dei plessi, si stupivano (naturalmente in modo carino ed educato...) del fatto che non tutte le scuole avessero palestra e impianti sportivi, che gli arredi fossero spesso al limite dell'antiquariato, che non vi fossero armadietti personali per gli alunni... e molto molto altro ancora con il quale non sto a tediarvi. Per inciso la zona in cui opero non è certamente fra quelle messe peggio a livello nazionale, sia in termini di ricchezza generale del tessuto sociale che di attenzione di comuni e provincia per il supporto alle scuole.

COME uscirne e, soprattutto e preliminarmente: USCIRNE?
Non è una domanda retorica: tutti i tentativi di intervento “drastico” (lo dico in senso neutro) operati o tentati in questi ultimi dieci anni si sono scontrati e in genere infranti contro un muro di dissenso delle categorie degli operatori della scuola, dissenso che potrebbe essere sintetizzato così: certo che la scuola va cambiata/riformata: ma non è certo questo il modo!
A mio personalissimo avviso i dissenzienti (fra i quali per il 50% mi annovero) avevano quasi sempre ragione: il problema è che non ho mai sentito il mondo della scuola e della ricerca collegata alla scuola, tradurre in una proposta, non dico unanime ma almeno largamente condivisa , quell’ “invece” o “come” che dir si voglia, al di là di velleitarie richieste, tutte col segno “+” in termini di impegni di spesa, tanto più velleitarie in un paese che ha il terzo debito pubblico del mondo e che, come detto all'inizio e come noto, spende quanto la media OCSE per l'istruzione...ed è semmai da prevedere (e non è certo una previsione/auspicio per chi come me nel mondo della scuola vive e di cui vive...) che le pregresse e presenti problematiche nazionali ed internazionali portino i governanti, presenti e futuri, a scender...”sotto media”.

In sintesi, passando dall'analisi alla proposta, per quanto modestissimamente mi riguarda, non posso che rimandare a quanto contenuto nella mia precedente lettera inviata anche al sig. Ministro dell' Istruzione, Università e Ricerca:
* Ridefinizione della rete scolastica (punti di erogazione del servizio) INEVITABILMENTE di concerto con Regioni ed EE.LL. (è la legge che lo impone) sperabilmente nell'ottica non solo del “taglio” ma anche dell'investimento: costruire una scuola nuova e attrezzata con 150 alunni in luogo di tre edifici malmessi e magari siti a pochissimi km di distanza in zona pianeggiante è sicuramente una spesa per un ente locale, ma nel tempo si rivelerà sicuramente un investimento ANCHE in termini materiali, cioè di manutenzione ordinaria e straordinaria, senza contare che l'ente rientrerebbe così in possesso dei “tre edifici” descritti ovviamente solo a mo' di esempio. In ogni caso, appare evidente che senza riorganizzazione della rete sarà praticamente impossibile mantenere gli attuali livelli di tempo scuola, e non solo di esso: se ciò malauguratamente avvenisse non so cosa se ne farebbero le famiglie dell’inevitabile balletto sulle rispettive responsabilità che stato , regioni ed ee.ll. inevitabilmente si rimpallerebbero.
* -Integrazione dei servizi propriamente scolastici con quelli di natura socio assistenziale, anche in questo caso in sinergia fra stato ed enti locali: “luogo” in cambio di “tempo”, in sostanza.
* Armonizzazione - non certo al ribasso – del tempo di insegnamento, magari alleggerendo i docenti di impegni di altra natura, fra settore primario e secondario.
* Diminuzione del numero di addetti del comparto scuola, comunque in sinergia e con la tempistica della riorganizzazione della rete(cosa fondamentale), per cui l' attuale previsione di un 10% abbondante in soli tre anni mi sembra azzardata, a meno che il livello di condivisione-sinergia fra stato e Regioni/EE.LL. non si riveli superiore a quello che, obbiettivamente, è sinora apparso. Per inciso, la parte riguardante la scuola del recente D.L. 154 mostra che il governo si è posto il problema di cui sto scrivendo: mi si lasci avere qualche dubbio sul fatto che il tono “intimatorio” della norma sia quanto di più utile per invogliare alla collaborazione; inoltre, al di là delle questioni di bon ton, pur non essendo un giurista mi permetto di avanzare qualche dubbio su chi, in caso di contenzioso, avrebbe “davvero” il coltello dalla parte del manico...
* Utilizzo delle economie derivate (da uomo di scuola dico “tutte”, da cittadino spero responsabile dico...il più possibile!) per la riqualificazione dell'edilizia scolastica, per il miglioramento delle dotazioni materiali di supporto alla didattica ed all'amministrazione, per la formazione e riqualificazione del personale, per l'accoglienza ed integrazione degli alunni e studenti stranieri, per gli interventi sul disagio e la disabilità...insomma in una parola magari un po' abusata, per la QUALITA'.

E' una proposta: chi ci sta?

Post scriptum per Ministro e Parlamento: per favore, lasciate perdere quella storia del “maestro unico” ; lasciatela perdere nel senso di rimetterla all'autonomia, sancita anche in Costituzione, delle Istituzioni scolastiche, alle quali spetta la definizione delle modalità di utilizzo del personale docente, nell'ambito dei rispettivi P.O.F.
Oltretutto... non fa nemmeno risparmiare!

Luca Ceccotti
Dirigente Scolastico – Massarosa (Lucca)

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